L’opera è stata commissionata da Bonifacio Poiana, rappresentante di una famiglia vicentina che, grazie ai servigi resi alla Repubblica di Venezia, durante la Guerra della Lega di Cambrai, divenne proprietario di vasti terreni.
La villa è uno degli edifici più apprezzati del Palladio, si presenta semplice, sopraelevata su un basamento e praticamente priva di elementi architettonici in pietra, come capitelli, probabilmente per contenere i costi.
Osservandola possiamo concordare con il maestro Andrea Palladio, quando descriveva la struttura nei suoi liberi, “i Quattro Libri dell’Architettura” del 1570. Secondo l’architetto, il committente, “come quello che è magnifico, e di nobilissimo animo, non ha mancato di fare tutti quegli ornamenti e tutte quello comodità che sono possibili per rendere questo luogo bello, dilettevole e comodo”.
All’interno, il piano principale è dominato da una grande sala decorata dallo scultore Bartolomeo Ridolfi e dal pittore Anselmo Canera, che sembra ricordare gli ambienti termali dell’antica Roma. Gli affreschi sono molto rovinati e solo in parte leggibili, per cui è veramente difficile distinguere le mani. I dipinti del veronese Anselmo Canera si caratterizzano per il luminoso colore veronesiano e per i moduli raffaelleschi delle figure.
Invece gli stucchi sono di Bartolomeo Ridolfi, che al tempo fu autore di un’importante busto che si trovava sulla porta d’ingresso della sala centrale, e che rappresentava Bonifacio Poiana. La struttura ricorda quella della vicina villa Saraceno, situata nell’isolata campagna vicentina, sia per sobrietà decorative che per dimensioni.
Come per molte altre ville costruite in pianura in quei tempi, il legame tra architettura e campi coltivati risulta essere ancora più visibile dal momento che la topografia non permette di elevare l’edificio, proprio per questo vengono inserite delle scale con l’intento di accentuare la planimetria centrale della struttura, creando così uno stacco, rispetto i campi di granturco e i pascoli.
